15 aprile 2011

Corpo, ancora una volta

Body, once again
When the denial of female sexuality becomes dominant model

Le ultime informazioni relative al rubygate mettono di fronte ad un dato alquanto sconcertante, almeno per me.
Le descrizioni “puntuali” sull’esercizio del bunga bunga restituiscono, infatti, un’immagine della sessualità femminile degradata e degradante, con la quale tutte noi dovremmo fare i conti.
Agli inizi di questa triste vicenda, che ci tocca non per un problema morale, quanto piuttosto per una questione di qualità della cittadinanza, è stato sorprendente vedere come le giovani donne coinvolte, benchè mediaticamente sovraesposte apparissero mute. Incapaci di formulare una qualsivoglia considerazione sulla natura del proprio coinvolgimento e in alcuni casi della propria professione. In loro vece si sono espressi uomini e donne, esponenti della politica e del giornalismo, sostenendo ora la libertà femminile a fare del proprio corpo l’uso ritenuto più opportuno, ora la natura del rapporto uomo/donna in termini di “amore” regolato dalla gratuità.
Quello che ci viene plasticamente descritto non è né l’una né l’altro.
Si tratta solo di un povero corpo di donna che, essendo inconsapevole di sé e per questo tutt’altro che libero aggiungerei, viene vilipeso.
I corpi schiacciati in pose pornografiche riducono la libido femminile ad un mero strumento per soddisfare il bisogno altrui di piacere. Plasmata su un immaginario maschile, la sottomissione a Priapo appare quasi un rito iniziatico per donne giovani, le quali ignorano semplicemente il loro diritto ad esprime la sessualità liberamente ovvero liberata dalle regole degradanti cui proprio quell'immaginario la riconduce.
Di fronte a questo scenario, mi sono chiesta se la riflessione femminista sulla sessualità avesse avuto una qualche forma di trasmissione. E se sì, dove si fosse interrotto quel percorso. Perché dev’essersi interrotto: come capacitarsi altrimenti di questa visione tardo-impero della nostra sessualità?
Ora resta da capire quanto questo vuoto culturale costerà ai nostri corpi.

MGrazia

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