Lorella Zanardo, autrice de “Il corpo delle donne” molto visto e molto discusso, è oggetto da tempo di una sorta di “stalking mediatico” da parte della trasmissione “Striscia la notizia”, la cui troupe l'ha aspettata per coglierla sola di ritorno a casa e piantarle in faccia le luci della ribalta intimandole di discolparsi per la sua detestabile opera.
Lascio ad altri l'interrogativo su perché desti tanta irritazione, rabbia e scompiglio, un documentario bello, utile e interessante, ma che in fondo non fa che riprendere il tema, certo non nuovo ma piuttosto ultratrentennale nel dibattito femminista internazionale, sull'uso delle immagini e dei corpi femminili nella comunicazione di massa. Forse perché si tratta di tv? Forse perché preoccupa così tanto che donne e – non sia mai – femministe, lungi dall'essere tutte ormai anziane signore ritiratesi a vita privata, riflettano ancora su questi temi? Così come lascio ad altri la querelle sul presunto moralismo bacchettone di chi si dissocia dalla passione nazionale per tette e culi di giovani donne in mostra. Per liquidare con una battutaccia l'argomento, che meriterebbe certo ben altre considerazioni, sono disposta a riparlarne con i miei amici quando bocceranno il politico di turno per la sua assenza di appetibili bicipiti o si riterrà necessaria l'esibizione di un bel pacco per vendere il caffé. Sono volgare? Ebbene sì, arrossisco, ma ogni tanto cedo alla tentazione di rendere pan per focaccia. Se il corpo maschile non è utilizzato come quello femminile a mio parere è per due semplici motivi: il primo, il differenziale di potere che ancora regala questa parte dell'immaginario collettivo alla sessualità maschile tradizionale e alle sue ossessioni; il secondo lo sforzo di molte donne (e anche di alcuni uomini ) di costruire una diversa cultura delle relazioni, del desiderio e degli affetti (che è quanto di meno moralista e bacchettone io abbia mai sperimentato in vita mia).
Per tutte queste ragioni, dissento da Lorella Zanardo, che ammiro e rispetto, quando dice “Sono arrivata a questo documentario non per ragioni politiche e culturali, ma perché ho subito sulla mia pelle l'umiliazione per come è trattato il corpo delle donne” (D di Repubblica del 7 maggio 2011). Cara Lorella, io credo che la tua umiliazione, pari e identica a quella di tutte noi (come tu giustamente rilevi in un passaggio successivo) sia un fatto politico e culturale. Il tuo dolore è politico (anche questo lo ha detto il femminismo ormai un po' di tempo fa), altrimenti non susciterebbe le inviperite reazioni che suscita e perché anche da esso scaturisce la necessità di un “nuovo ordine mondiale” nelle relazioni fra uomini e donne. Se non è politica questa...
Paola
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