A short history of the italian abortion legislation in the thirtieth anniversary of its approval.
È il 1973, a Padova, una donna, Gigliola Pierobon, subisce un processo con l'accusa di procurato aborto.
Nel 1973, in Italia, vigevano ancora le norme del Codice Rocco, del 1930, per le quali l’aborto era definito reato “contro l’integrità e la sanità della stirpe”. Pena prevista: da uno a cinque anni di reclusione per le donne che si procuravano da sole l’aborto; da due a cinque anni per quelle che si sottoponevano all'interruzione e a chi lo praticava.
La grande maggioranza delle interruzioni di gravidanza avveniva clandestinamente, spesso con metodi rozzi e dannosi quali i decotti di prezzemolo, di chinino, gli aghi da maglia inseriti nell'utero. Solo per le donne più abbienti c’erano le cliniche private, illegali o estere.
Il processo Pierobon diventa il pretesto per una mobilitazione di massa delle donne. Non solo le femministe scendono in piazza con una grande manifestazione, ma entrano nel processo, invadono il tribunale e si autodenunciano per aver abortito.
Pierobon viene assolta, insieme a tutte le altre donne che si sono autodenunciate.
Il movimento femminista porta alla luce in modo eclatante la drammaticità dell’aborto clandestino - esso sì una violenza conseguente il controllo sociale della sessualità femminile - e rivendica il diritto di abortire, come diritto di ogni donna di autogestire il proprio corpo.
Subito dopo, nel 1974, il deputato radicale Loris Fortuna fa una proposta di legge.
Nel 1978 verrà approvata la legge 194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza”.
Le femministe la definiranno una “legge truffa”, a causa del potere dato al medico, cui spetta di decidere se la donna è nella condizione fisica o psicologica di non poter portare avanti la gravidanza.
Nonostante la legge fosse un enorme passo avanti, viene negata la capacità della donna di autodeterminarsi, di scegliere per se stessa.
La legge scatena le ansie moralistiche e apocalittiche della società conservatrice.
Nel 1981 si andrà al voto per il referendum abrogativo. Il movimento femminista, a quel punto, non può più contare su una presenza massiccia sul territorio, ma la vittoria dei no è comunque schiacciante (67,8%).
Valentina
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