Apocalypse Town: from the United States "Rust Belt"
Oggi un semplice, appassionato invito alla lettura: il bel saggio di Alessandro Coppola Apocalypse Town. Cronache dalla fine della civiltà urbana, Laterza 2012 (non ci risultano siti o edizioni digitali da segnalarvi, quindi godetevi ancora per un po' il tradizionalissimo libretto cartaceo). Va bene, è piuttosto OT rispetto ai nostri interessi principali, e poi è una recensione, però leggetevi lo stesso questo post (e il libro).
Proprio pochi mesi fa pare che per la prima volta nella storia dell'umanità la percentuale di abitanti nei conglomerati urbani abbia superato quella degli abitanti delle campagne. Alessandro Coppola ci accompagna in un viaggio nell'inedito paesaggio della Rust belt, la "cintura della ruggine" delle vecchie città manifatturiere degli Stati Uniti ormai in dismissione perpetua: le fabbriche hanno chiuso, gli abitanti (soprattutto bianchi) sono fuggiti, le case sono state abbandonate, le infrastrutture cadono a pezzi e le municipaltà hanno le casse vuote. Così queste antiche glorie della potenza industriale americana hanno sperimentato una "decrescita" forzosa e spesso drammatica, condita di esclusione sociale, tensione razziale, criminalità, povertà e abbandono che certo le politiche neoliberiste non hanno contribuito a prevenire o mitigare. Non proprio la decrescita più o meno felice di cui da tempo si discute in Europa, e neppure una forma di "Transizione" consapevole e governata, ma, nonostante tutto, e forse proprio per questo, alcuni abitanti e amministratori si sono messi a "cercare fra le pieghe del declino la strada per una vita migliore". Il fatto è che molti sono convinti, più pragmaticamente che ideologicamente, che la crescita non arriverà più: falliti i piani di reisediamento industriale, misera cosa la corsa a fare delle Inner cities attrazioni turistiche più o meno sensazionali (l'unico business che tira, ed è tutto dire, è quello delle carceri in appalto), ormai "il trovarsi ai margini dei grandi flussi dell'economia e della cultura globali" non è più "il problema da risolvere, ma la grande occasione da non sprecare".
Facce diverse ma in qualche modo complementari degli stessi giganteschi processi di spostamento dei flussi globali di merci, persone, denaro, gli slums di Mike Davis e le downtown abbandonate di Coppola ci fanno molto riflettere sulle direzioni inaspettate che il nostro difficile futuro può prendere e ci riconfermano di quanto siano necessarie narrazioni sensate di un presente non disancorato dalla storia per immaginarlo diverso e possibile.
Paola
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