The italian '70s feminism: personal
review (very short) notes for public consumption
C'è
stata una forte discussione, ed il dibattito è tutt'oggi aperto, sulla
derivazione del neofemminismo dal movimento degli studenti o sulla autonomia e
discontinuità con questa esperienza.
Penso
che in realtà le due cose siano meno contrastanti di quanto non appaiano,
proprio a causa della molecolarità del neofemminismo italiano. Se da un lato è
vero che i primi collettivi anticiparono le grandi mobilitazioni studentesche,
è vero anche che il movimento studentesco per molte donne rappresentò l'inizio
e il luogo privilegiato di una riflessione sui rapporti di potere tra i sessi
che le avrebbe poi condotte al femminismo.
Il
movimento delle donne è, in ordine temporale, l’ultimo
movimento politico a diventare visibile sulla scena
politica e sociale, ma quello destinato a lasciare sul lungo periodo il segno più profondo nella società, nei comportamenti, nei costumi, nelle mentalità, nel
modo di relazionarsi tra le persone.
La
genesi del neofemminismo italiano si colloca molto precocemente nel 1965, anno
in cui nasce il gruppo Demau Demistificazione autoritarismo divenuto poi
Demistificazione autoritarismo patriarcale, un gruppo promosso da donne di cui fanno parte anche alcuni uomini.
É, però, a partire dal 1970 che si assiste, in tutta Italia, ad una vera e propria
fioritura di gruppi e collettivi di sole donne molto diversi tra loro,
soprattutto per quanto riguarda i riferimenti culturali ed ideologici.
Da
subito le donne iniziano ad occupare pubblicamente lo spazio con il proprio
corpo, diventando un soggetto politico ineludibile.
La
presa di parola, prevalente in una prima fase, si accompagnò, quasi immediatamente,
ad un’altra pratica, quella della scoperta e della conoscenza concreta del
proprio corpo, attraverso il dialogo e il confronto con le altre donne.
Nel
volgere di pochissimi anni l’effetto dell’apparizione di questa nuova
soggettività femminile fu dirompente e capillare.
Gli
anni di massima visibilità sulla scena pubblica, quelli che vanno dal '74 al '77,
furono contemporaneamente quelli delle prime crisi.
Emergevano
sempre più nettamente le differenze interne ai gruppi di donne e si faceva sempre
più evidente, anche nello spazio pubblico, l'impossibilità di una tanto ideale
quanto impossibile sorellanza fondante le relazioni e le azioni delle donne.
A
poco a poco diventa sempre più centrale la questione della "differenza
sessuale", anche grazie alla tempestiva traduzione di Speculum di Luce
Irigaray da parte di Luisa Muraro e alla nascita della Libreria delle Donne.
La
discussione sull'aborto può essere considerata una causa interna di messa in crisi
del femminismo, le cause esterne possono essere individuate negli spazi tolti
dal terrorismo ai movimenti, che ne furono uccisi e al femminismo in
particolare, anche se fu l'unico a sopravvivere.
Molti
definirono "colpevole" il silenzio delle femministe sul terrorismo,
un silenzio che silenzio non era, ma che veniva riempito di senso da molte militanti.
Le
elaborazioni femministe che hanno prevalso negli anni ‘80 e ‘90, legate
all'impostazione filosofica del pensiero della differenza, che comportava
implicitamente un rifiuto della storia, hanno costruito e trasmesso una visione
paradossale per cui proprio il femminismo italiano, che aveva avuto un
carattere di massa superiore a quello di ogni altro paese, è stato
rappresentato come un percorso teorico di piccoli gruppi o di singole
pensatrici, sia pure grandi (Carla Lonzi su tutte).
Un
nodo critico non indifferente, come ha magistralmente rilevato Anna
Rossi-Doria, è rappresentato dalla questione relativa al nesso tra femminismo e
democrazia: nei collettivi il rifiuto radicale di regole formalizzate, che si
pensava fossero di per sé improntate a un modo di ragionare e fare politica ‘maschile’,
portò nei fatti alla prevalenza di forme di leadership di tipo carismatico,
legate paradossalmente da un lato alla fusionalità che schiacciava le
individualità, ma dall'altro proprio alla potenza individuale della seduzione.
Nel
femminismo degli anni Settanta mancò, con rarissime eccezioni, un'analisi delle
differenze di classe tra donne, forse proprio perché in Italia era stata forte la
tradizione marxista da cui molte provenivano e con cui si voleva rompere in
modo radicale come con tutto il resto.
Bibliografia
di riferimento/Bibliography
Teresa Bertilotti, Anna Scattigno, a c. di, Il femminismo degli anni Settanta, Roma,
Viella, 2005.
Anna Rossi-Doria, Dare forma al silenzio, Roma, Viella, 2007.
George
Duby, Michelle Perrot, Storia delle donne
- Il Novecento, Roma - Bari, Laterza, 1992.
Yasmine Ergas,
Tra sesso e genere, in «Memoria. Rivista di storia delle donne», 1987,
n. 19-20.
Stefania
Voli, I movimenti femministi degli anni
settanta e il post-femminismo, intervento al Convegno “1908-2008: dall'uguaglianza alle differenze
di genere. Cent'anni di storia delle donne nella pianura bolognese”, Budrio, 8
marzo 2008.
Valentina
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