Per ragioni non riassumibili in venti righe, una donna dai lunghi capelli si ritrovò a leggere un pezzo scritto da un uomo con la barba.
Quel pomeriggio la donna sapeva perfettamente cosa voleva: fare la doccia. Ma da una fotografia l'uomo con la barba scrutava l'orizzonte promettendo certezze: Cosa vogliono le donne.
Punto fermo.
Evidentemente in ballo c'era molto di più dell'igiene personale, e la donna si sentì obbligata a leggere.
Il novello Andersen aveva scritto una favoletta, facilmente riassumibile in pochissime righe: un prode cavaliere si ritrova sposato a una cessa, ma la cessa mica è vero cessa, in realtà è vittima di un incantesimo, spetta al cavaliere scegliere se la vuole bella di giorno o bella di notte. Lui, però, è un cavaliere disertore delle regole imposte dalla retriva società cavalleresca e dice alla fanciulla - perché brutta o bella, ça va sans dire, è giovane - che deve scegliere lei. E lei, visto che lui è così liberale da permetterle di scegliere per se stessa, sceglie di essere sempre bella, per lui.
La morale della favola era chiarissima benché logicamente incongrua (e riassumibile in mezza riga): l'autodeterminazione viene dall'altro (maschile singolare).
Alla fine della lettura la donna coi capelli lunghi corse terrorizzata verso il bagno, si guardò allo specchio, e scoprì con orrore di essersi trasformata in un tizzone di furia incandescente a causa dell'oscuro incantesimo celato dentro il pezzo dell'uomo con la barba.
(Dedicato ai maschi con un'educazione sentimentale Radio Elettra convinti di essere evoluti, che continuano a perpetuare la cultura che pensano di negare, e sono sicuri di sapere “Cosa vogliono le donne” sentendosi in dovere di far lezioncine)
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