8 giugno 2012

Postfemminismo o postpatriarcato?

Post feminism or Post patriarchy?

La questione, posta ieri in un intervento molto denso da Ida Dominijanni alla tre di giorni di convegno bolognese Postfemminismo cultura e politica di genere ai tempi di Berlusconi è di quelle che meriterebbero un approfondimento laborioso, e perciò ci auguriamo di potere presto seguire con calma in qualche pubblicazione, cartacea od on-line, il filo del suo ragionamento.


Sembra questione per iniziate/i e di poca importanza di fronte alla irruenza e all'urgenza di “fare qualcosa” contro una mercificazione imperante del corpo femminile di cui poche faticano a riconoscere i tratti regressivi e liberticidi.
Ma il femminismo è pratica defatigante e testarda e insonne del ma. C'è sempre un ma: al di là di un linguaggio poco accessibile e poco accogliente (con Maria Grazia ieri ci domandavamo: c’è una terza via tra l'Everest di un elitarismo intellettuale a volte un po' esangue e l'uso abbondante di terricolo "linguaggio sessuato" per dare forza e aggressività alle proprie tesi?) mi intriga e mi convince non perdere la tensione a smontare quel che appare semplice e diretto.
E dunque: siamo davvero ripassati dal via umiliante e oppressivo di un patriarcato trionfante e sempre uguale a se stesso che compra e vende corpi di donne in televisione e fuori, mentre il fallimento - teorico o comunicativo - del femminismo ha consegnato le giovani generazioni sole e smemorate ad essere preda tout court del meccanismo di mercato (siamo in epoca di post-femminismo)? O il patriarcato in crisi si ripensa, fa la parodia di se stesso, si riorganizza ma in un quadro, certo non felice e pacificato, denso di incognite pesantissime, ma comunque “mosso” e messo in discussione dall'urto del femminismo (siamo in epoca di post-patriarcato)?
Io propendo per la seconda ipotesi, ma il dibattito è apertissimo e di nuovo insiste sul nodo bruciante della trasmissione e del rapporto del neofemminismo degli anni settanta con le generazioni successive.
Io propendo pensosa per la seconda ipotesi con un paio di postille interroganti:
uno: questa seconda ipotesi apre scenari di comprensione del presente per me più interessanti e creativi della prima ma elude del tutto, e di nuovo, una analisi di che cosa non ha funzionato comunque nella trasmissione di memoria. Il femminismo condivide semplicemente un'amnesia generale e generica dei movimenti e delle loro proposte politiche o vive, anche in questo, una sua specificità? Possiamo depositare il problema soltanto sulle spalle delle cosiddette giovani generazioni (e di quelle che giovani non sono più ma continuano ad esserlo ad libitum?)
due: benissimo il postpatriarcato nella scena politica, ma con quali conseguenze per le forme da esso assunte nel capitalismo? Ovvero, crisi del patriarcato è anche crisi di un capitalismo che molti indicano ormai al capolinea, e la cui crisi definitiva (assumendo che non si tratti solo di una delle sue ricorrenti pratiche di "distruzione creativa") rischia di produrre conseguenze più pesanti dei suoi trionfi?

Paola

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