Who's responsible for violence?
Recentemente ad una vicina sono entrati i ladri in casa. Da
una finestra raggiungibile e priva di sbarre. Abbiamo tutti deplorato il fatto
ed espresso solidarietà per il suo disagio e la sua paura, oltre che per il
danno subito. Nessuno l’ha rimproverata di essere stata masochista e di non essersi presa le sue responsabilità
per non avere dotato il suo appartamento di sbarre o sistema d’allarme.
Leggo e sento invece spesso e volentieri lezioni di vita variamente assortite a donne
che hanno subito violenze e maltrattamenti, sia che siano riuscite ad uscire da
una relazione violenta sia che non ce l’abbiano fatta. E cioè che la responsabilità
è o è anche loro, per non avere immediatamente capito di essere di fronte a un partner potenzialmente violento. Esiste una complessità delle relazioni
affettive violente che non può essere ridotta a buon senso spicciolo. Ma prima
di tutto esiste chi commette un grave reato e chi lo subisce e l’idea che
alcuni atti non siano leciti. Poi si possono mettere in atto strategie, anche preventive, per proteggersi dalla violenza, che è meglio evitare che subire: ma non possono venire prima delle coscienza
condivisa e diffusa che l’uso della violenza, fisica o psicologica, non è
accettabile e non è responsabilità di chi lo subisce ma di chi lo fa. Se si rovescia l’ordine dei fattori, il
risultato cambia, e quella condanna rituale della violenza che tutti si
premurano comunque di fare risulta
svuotata e dinutile.
Paola
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