Tanto per
cominciare, l'espressione fica non mi piace per niente. Di preferenza adotterei
vulva, ma mi rendo conto che non fa lo stesso effetto.
Di qualche giorno fa la notizia, rimbalzata un po'
su tutta la stampa nazionale - e già questo ci dovrebbe dare un segnale della
nostrana pruderie -, delle Femen pesantemente insultate e picchiate a Parigi da
un gruppo di cattolici ortodossi in manifestazione contro le unioni omosessuali . La polizia si è dovuta
schierare a difesa delle giovani attiviste per sottrarle alle grinfie degli
aggressori. Poiché la notizia era questa: un gruppo di cattolici ortodossi, portatori di valori universali di amore e carità verso il prossimo, non hanno
esitato a mal menare quelle che essi considerano delle puttane.Questo evento mi ha riportato alla mente la notizia, segnalata in questo blog, circa la costituzione del gruppo Femen Italia, inducendomi a pensare a quello che accadrebbe qui da noi, in un paese machista e cattolico, alla vista di femmine urlanti a seno nudo in una pubblica piazza, magari un sabato pomeriggio quando il centro è chiuso al traffico. Proviamo a immaginare. Senza volere estremizzare, lo scenario mi pare piuttosto sconcertante. E per questo credo sia necessario l'addestramento, soprattutto psicologico, a questa specifica forma di guerriglia urbana o terrorismo femminista, come sarebbe più opportuno chiamarlo. Infatti, proprio a Parigi a metà ottobre è stato inaugurato il quartier generale internazionale delle Femen, allo scopo di fornire alle militanti la preparazione necessaria per combattere contro il patriarcato e la dittatura con l'unica arma del corpo denudato. Su questo fatto e sull'uso del corpo come un'arma e come un'arma per far passare un messaggio politico si è espressa Michela Marzano in un articolo apparso su D La Repubblica delle donne. Avvalendosi, va detto, di alti riferimenti filosofici (e come potrebbe del resto essere altrimenti), Marzano ci dice che il corpo immateriale è il solo ad avere valore politico e che quindi il tentativo di trasformare "le dinamiche sociali e culturali che producono disuguaglianza e sfruttamento" passa attraverso una modificazione del linguaggio. E concluede con una domanda: "nei rapporti tra gli uomini e le donne non sarebbe meglio cercare di de-politicizzare il corpo e trasferire la lotta politica sul piano delle idee?"
Da un punto di vista teorico tale
ragionamento potrebbe anche funzionare, non fosse che un evento inaspettato, il
femminismo, ha ribaltato la situazione ridando materia al corpo delle donne,
facendolo cioè diventare luogo dell'agire politico. Rendendo non più
accettabile la separazione tra corpo e idee. E questo è un fatto
imprescindibile, considerando proprio la condizione di minorità in cui le donne
ancora versano, anche nelle nostre avanzate società. E' un fatto
imprescindibile se consideriamo che il corpo del maschio continua ad essere usato intenzionalmente come arma
contro il corpo delle donne.
Mi chiedo, quindi, se il corpo delle
donne non possa e non debba essere a sua volta un'arma politica tesa ad un'azione
nonviolenta. Alcune organizzazioni di donne africane lo hanno fatto, pensiamo
allo sciopero del sesso in Togo, in Liberia e a quello indetto in Kenya nel 2009.
E si potrebbe andare indietro, indietro fino alla culla della nostra civiltà. Per
trovarvi Lisistrata.
Ve la ricordate? Se non l'avete già
fatto, correte in biblioteca, procuratevi questo testo. Leggete e rileggete questa commedia di Aristofane, che ci racconta di come
le donne ateniesi e spartane si accordarono per uno sciopero del sesso allo
scopo di porre fine alla guerra del Peloponneso. Già lì, il coro dei vecchi ad
un certo punto cantava "se cediamo ... non ci sarà più nulla che queste
con la loro ostinazione ... non riusciranno a fare"! Ah, cedettero.
Vulva Power!
MGrazia
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