7 febbraio 2013

Abbiamo bisogno di una nuova definizione di economia?





I dizionari definiscono l'economia “modo di operare volto a ottenere il massimo vantaggio con il minimo dispendio di energie” come primo significato e “saggia amministrazione dei beni; impiego oculato del denaro” e al quarto posto “attività dell'uomo organizzata su base sociale, volta allo sfruttamento dei beni naturali e alla produzione e distribuzione di ricchezza”. Il vocabolario Devoto Oli esordisce così: “Impiego razionale del denaro e di qualsiasi altro mezzo limitato, diretto a ottenere il massimo vantaggio col minimo sacrificio”.

Secondo queste definizioni, l'economia non ha rapporto con la riproduzione delle condizioni della vita umana sul nostro pianeta. Al massimo rimanda all'etimologia greca che riconduce alla dimensione della saggia amministrazione domestica, il saggio uso delle proprie risorse. L'economia diventa così una tecnologia astratta e impersonale che serve a trarre il massimo vantaggio dalla scarsità (data o indotta) o dallo sfruttamento della natura (intesa ancora come estranea e separata dal destino umano) con il minimo sforzo. L'economia interviene laddove interviene l'uso del denaro, inteso a mediare relazioni personali col medium impersonale per eccellenza ed è necessariamente orientata alla dimensione dello scambio, della relazione sociale: vivere non è una attività economica, arricchirsi sì. Intesa così, l'economia si dichiara programmaticamente indifferente al genere perché ad esso, alla sua costruzione e alle sue dinamiche di rapporto, è demandata la gestione delle condizioni di riproduzione della vita umana; che non rientra nel calcolo economico ma senza la quale, però, nessuna economia è possibile. Come sostiene Mary Mellor, il lavoro delle donne è il lavoro di base che rende possibili tutte altre possibili forme dell'attività umana. Obliterarlo è probabilmente servito a sottrarne le condizioni a una qualsivoglia possibile forma di negoziazione paritaria; ma riflette comunque anche un limite, un'irriducibilità: il lavoro necessario alla vita umana non è suscettibile, oltre una certa misura, di un processo di razionalizzazione dei mezzi e ha un fine ineludibile e dato, le cui condizioni di esistenza sfuggono, in gran parte, alla nostra creatività e capacità di scelta. Ancora, l’economia, il mercato, lo scambio non esistono di per sé – anche qui con uno stretto parallelismo con quanto avviene per i generi – ma sono un costrutto sociale, e, come tale, modificabile socialmente.
Se invece proponiamo una nuova definizione di economia come l'insieme delle pratiche, delle norme e delle relazioni con cui riproduciamo le condizioni materiali della nostra esistenza su questo pianeta, allora nessuna valutazione o attività economica potrebbe più prescindere dal nodo di come sono costruite le relazioni fra i generi. E nessuna pratica economica, ugualmente, potrebbe prescindere da che cosa è necessario e meglio fare per assicurare la continuità della specie umana sulla terra. Riconoscendo poi la stretta interdipendenza non gerarchica dalle altre forme di vita e così superando infine uno specismo miope e, ormai, colpevole.
Paola

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