9 febbraio 2014

Una questione di Cittadinanza

La campagna internazionale "One Billion Rising" anche quest'anno per il 14 febbraio chiamerà a raccolta un miliardo di persone. Nel 2013 l'obiettivo fissato dalle organizzatrici era di carattere prettamente culturale: mobilitare donne e uomini contro la violenza sulle donne e le bambine. Quest'anno la posta in gioco è tutta politica e la mobilitazione ha lo scopo di chiedere giustizia: "Fino a quando i governi non chiederanno perdono e faranno ammenda Insieme a capi di stato, mariti, fidanzati, padri, fratelli, preti, mullah, ministri, zii, datori di lavoro, dirigenti d’azienda", recita il manifesto 2014.
Questo passaggio pone, senza lasciare troppo spazio a dubbi, la questione dell'oppressione di un sesso sull'altro, che non riguarda la sfera privata ma investe in pieno quella pubblica e, dunque, mi è sembrato un utile appiglio per ragionare sulla cittadinanza dis-pari delle donne.
"Fino a quando i governi ... non faranno ammenda" ci ricorda, se ce ne fosse bisogno, che la questione della violenza sulle donne è questione politica e deve - dovrebbe - essere affrontata  in idonee sedi istituzionali, non soltanto attraverso leggi di tutela e misure per facilitare le denunce. Si tratta di riconoscere alle donne un diritto di cittadinanza piena, effettiva, stabilendo che la violenza sul corpo delle donne e delle bambine non si limita all'aggressione sessuale, ma che è istituzionalmente perpetrata ogni qualvolta si promulgano leggi tese a limitare la titolarità delle donne sul proprio corpo. 
Esiste infatti una peculiare forma di proprietà privata che le donne hanno sul proprio corpo, sulla propria sessualità, della quale siamo state paradossalmente private: "La piena sovranità procreativa è requisito imprescindibile della cittadinanza femminile" scrive Emma Baeri nel saggio Cittadine in transizione. Spunti di riflessione per una cittadinanza differente (2007).


Per questo mi è parsa interessante e particolarmente evocativa l'iniziativa che il 7 febbraio scorso ha visto protagoniste poco più di 200 donne, le quali si sono recate presso gli uffici di Registro della proprietà di diverse città spagnole per registrare il proprio corpo. Si è trattato di un gesto simbolico, certo, uno dei tanti per manifestare contro il progetto di legge di riforma dell'aborto, in discussione in Spagna, e per chiedere le dimissioni dell'estensore, il ministro della Giustizia Alberto Ruiz Gallardon. Il dato rilevante, tuttavia, è che si è trattato di un atto pubblico: registrare la proprietà del proprio corpo per rivendicare il diritto a decidere. 
"Solo una donna, solo quella donna, sa cosa è giusto o sbagliato fare in questa scena "arcaica" della generazione umana, della quale il suo corpo è soggetto primario, indiscutibile" (Baeri, Cittadine in transizione). 
Seguendo il percorso diacronico della cittadinanza femminile non ci resta che ritornare al 1791, a
quella Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina in cui Olympe de Gouges - giocandosi la testa, è il caso di ricordarlo - ha svelato il paradosso di una universalità dei diritti (Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, 1789) che manca della sua attribuzione al genere femminile, riconoscendo alle donne un peculiare diritto di proprietà, quello sul proprio corpo, da cui partire per avanzare la pretesa di un contratto sociale ad esso conforme.


Nell'articolo 12 della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina Olympe scrive: "La garanzia dei diritti della donna e della cittadina implica un più generale interesse comune; questa garanzia deve essere istituita a vantaggio di tutti e non solo per l'interesse privato di coloro ai quali è attribuita". 
A vantaggio di tutti, dunque, Olympe ha codificato "il diritto delle donne ad una differente uguaglianza", che implica "il diritto ad avere garantita la libertà riproduttiva [...], un lavoro equamente retribuito e differentemente organizzato, una rappresentanza politica adeguata ... ".
Per lei, del resto, la questione era già cristallina: "non era il corpo femminile a doversi piegare alla polis, ma la polis a quel corpo, nell'interesse generale(Baeri, Cittadine in transizione).
MGrazia




Nessun commento: