The public debate does not give space to a reflection on the despair that surrounds us and takes away hope. For this reason I propose a reading of old papers, which surprise by their extraordinary relevance: the economic reform program sponsored by the Women’s International League for Peace and Freedom in 1927.
Il 2 maggio 1927 Lou Bennett, attivista della Women’s Internatioanl League for Peace and Freedom, dichiarava che “l’organizzazione aveva sin dalla sua fondazione (il 1915) realizzato che le politiche economiche nazionali e internazionali erano legate non solo alla pace ma anche alla libertà, e pertanto le politiche economiche esistenti dovevano essere riorganizzate su nuove basi e secondo un nuovo spirito, affinché sia la pace sia la libertà potessero essere costruite su più sicure fondamenta”.
Da queste considerazioni discese un programma di riforma dell’economia mondiale pensato da donne, pacifiste non-violente, ecologiste e femministe. Il programma auspicava l’assunzione del governo internazionale dell’economia da parte di un organismo internazionale per limitare il potere dei trusts e pianificare sia la produzione sia la distribuzione. La direzione internazionale dell’economia, secondo la Wilpf, necessitava di alcune inchieste preliminari tese a determinare l’esatto fabbisogno di viveri di ogni paese, per equilibrare la produzione agricola ed evitare alle popolazioni periodi di carestia e fame; e a stabilire la reale quantità di materie prime necessarie all’industria, per inventariare le risorse naturali e procedere alla loro equa distribuzione, eliminando sprechi e ingiustizie.
I beni alimentari, le fonti energetiche e le materie prime, essendo fondamentali per il progresso della civiltà, necessitavano secondo le wilpfers di particolari tutele da elaborare mediante programmi di internazionalizzazione della ricchezza e la definizione delle condizioni affinché ogni paese potesse accedervi senza restrizioni.
La libera circolazione delle merci doveva andare di pari passo con la giusta distribuzione dei prodotti destinati al benessere umano. L’economia non avrebbe dovuto essere condizionata dall’esistenza di barriere doganali o di tariffe e sovvenzioni statali, utilizzate per regolare il flusso di import/export, ma gli stessi governi nazionali avrebbero dovuto sostenere i costi di un’operazione di apertura dei mercati, destinando ai programmi di internazionalizzazione economica le somme risparmiate con la soppressione del budget di guerra.
Un tale progetto economico risulta conforme al principio dell’interdipendenza. La sua realizzazione, infatti, comportava l’impegno da parte degli Stati ad auto-limitare la propria sovranità nazionale, in nome dell’interesse comune. Richiedeva, inoltre, l’assunzione da parte di una struttura sovra-nazionale del controllo delle vie di comunicazione e dei mezzi di trasporto, per migliorare e rendere omogeneo il sistema. Un controllo internazionale ritenuto indispensabile per favorire la riorganizzazione del lavoro su basi di giustizia, obbligando tutti i paesi a riconoscere ai lavoratori gli standard minimi di sicurezza e benessere, non solo quelli economici, ma anche quelli morali ed intellettuali.
Credo di non poter aggiungere altro.
Il 2 maggio 1927 Lou Bennett, attivista della Women’s Internatioanl League for Peace and Freedom, dichiarava che “l’organizzazione aveva sin dalla sua fondazione (il 1915) realizzato che le politiche economiche nazionali e internazionali erano legate non solo alla pace ma anche alla libertà, e pertanto le politiche economiche esistenti dovevano essere riorganizzate su nuove basi e secondo un nuovo spirito, affinché sia la pace sia la libertà potessero essere costruite su più sicure fondamenta”.
Da queste considerazioni discese un programma di riforma dell’economia mondiale pensato da donne, pacifiste non-violente, ecologiste e femministe. Il programma auspicava l’assunzione del governo internazionale dell’economia da parte di un organismo internazionale per limitare il potere dei trusts e pianificare sia la produzione sia la distribuzione. La direzione internazionale dell’economia, secondo la Wilpf, necessitava di alcune inchieste preliminari tese a determinare l’esatto fabbisogno di viveri di ogni paese, per equilibrare la produzione agricola ed evitare alle popolazioni periodi di carestia e fame; e a stabilire la reale quantità di materie prime necessarie all’industria, per inventariare le risorse naturali e procedere alla loro equa distribuzione, eliminando sprechi e ingiustizie.
I beni alimentari, le fonti energetiche e le materie prime, essendo fondamentali per il progresso della civiltà, necessitavano secondo le wilpfers di particolari tutele da elaborare mediante programmi di internazionalizzazione della ricchezza e la definizione delle condizioni affinché ogni paese potesse accedervi senza restrizioni.
La libera circolazione delle merci doveva andare di pari passo con la giusta distribuzione dei prodotti destinati al benessere umano. L’economia non avrebbe dovuto essere condizionata dall’esistenza di barriere doganali o di tariffe e sovvenzioni statali, utilizzate per regolare il flusso di import/export, ma gli stessi governi nazionali avrebbero dovuto sostenere i costi di un’operazione di apertura dei mercati, destinando ai programmi di internazionalizzazione economica le somme risparmiate con la soppressione del budget di guerra.
Un tale progetto economico risulta conforme al principio dell’interdipendenza. La sua realizzazione, infatti, comportava l’impegno da parte degli Stati ad auto-limitare la propria sovranità nazionale, in nome dell’interesse comune. Richiedeva, inoltre, l’assunzione da parte di una struttura sovra-nazionale del controllo delle vie di comunicazione e dei mezzi di trasporto, per migliorare e rendere omogeneo il sistema. Un controllo internazionale ritenuto indispensabile per favorire la riorganizzazione del lavoro su basi di giustizia, obbligando tutti i paesi a riconoscere ai lavoratori gli standard minimi di sicurezza e benessere, non solo quelli economici, ma anche quelli morali ed intellettuali.
Credo di non poter aggiungere altro.
MGrazia
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