What kind of pacifism, what kind of pacifist culture: the feminist silence on the current libyan war.
L’inizio dell’intervento militare in Libia ha trovato il ‘popolo’ pacifista disorientato, determinando pericolose associazioni di idee, con il rischio di rendere nullo qualsiasi onesto tentativo di riflettere sulle cause del conflitto e le ragioni della non-violenza. Pacifisti di lungo corso si sono espressi a sostegno dell’intervento militare, ricordando il grave errore dell’Europa (Società delle nazioni) per non aver appoggiato i repubblicani spagnoli nel 1936; e chi, come Gheddafi, si è visto venir meno il sostegno mostratogli dalla comunità internazionale fino al giorno prima non ha esitato a definire nazista quell’azione. A parte l’anacronismo delle espressioni, pare che il ricorso alle simbologie di inizio Novecento stia accompagnando l’intera vicenda, ma nell’Italia smemorata del 2011 nessuno sembra ricordare che proprio cento anni fa andammo in Libia per soddisfare le nostre esigenze imperialiste. Allora i moti di piazza furono numerosi e molte furono anche le donne che protestarono contro la politica del governo [mi riservo un approfondimento in un altro post].
Oggi 2 aprile in varie piazze italiane e davanti a diversi Cie si sono riuniti gruppi politici e non, femministi e non, sotto lo slogan “il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)”. Ecco un ‘nuovo’ slogan, il cui sound risulta troppo disturbato per poter superare le soglie della bassa propaganda, che nulla comunica a chi si colloca fuori dall’ombra protettrice delle bandiere ideologiche e certo non aiuta né gli insorti e né i migranti.
Quale pacifismo e quali culture di pace, dunque.
Speravo emergessero differenti voci di donne, credevo che la mobilitazione femminile di febbraio avesse lasciato qualche traccia.
In questo silenzio e di fronte ai tristi eventi in cui siamo precipitati solo due cose mi sembra opportuno ricordare, esattamente in quest’ordine:
Costituzione della Repubblica italiana
Art. 11
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Art. 10
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.
MGrazia
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