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9 maggio 2013

Le donne libere/liberate e l'ordine maschile della società


Su questa finestra ultimamente è calata una spessa tenda di silenzio. Pesante, non fa passare l'aria e scherma fastidiosamente la luce.
Faccio molta fatica a prendere parola ... quello che mi accade intorno - dalla politica alla violenza sociale diffusa, alla grossolana verbosità che non ci da tregua a lavoro come per strada - accartoccia anche la più piccola velina di speranza. Eppure ci sono eventi che spingono a parlare anche se comprendo la sterilità del gesto.
Come se non bastassero i continui attacchi all'individualità femminile, all'autoderminazione delle donne, oggi si aggiungono nuovi e meschini insulti.
Le donne senza figli sono persone che non si assumono le proprie responsabilità e che non vogliono crescere. Questo più o meno ha detto il papa nella giornata dedicata alla figura della madre (tale nella coppia eterosessuale). Inoltre, se si è tanto irresponsabili da non avere figli e indossare i tacchi e magari il rossetto, e perchè no una canotta ora che viene estate, beh essere aggredite, per strada o in casa o sull'autobus, picchiate, violentate, sfigurate, uccise -  è cosa normale. E' cosa tanto normale da non dovere essere neanche discussa pubblicamente. E' certo non lo possiamo fare noi!
Una campagna di civiltà per il rispetto del corpo delle donne e non solo delle donne, ma anche di quello delle bambine e dei bambini, non è una nostra battaglia sorelle.
E' una battaglia tutta dei maschi, ma evidentemente sono troppo vigliacchi per poterla fare ad alta voce.
MGrazia

12 luglio 2012

Femminismo, dose (minima) giornaliera raccomandata

Feminism, Recommended Daily Allowance
It doesn't still exist a women's liberation experience in history, wrote in 1973 italian feminist theorist Carla Lonzi. She believed her writing was a step toward that, a condition and a precognition at the same time.

L'uomo ha sempre rimandato ogni soluzione a un futuro ideale per l'umanità, ma non esiste, possiamo però rivelare l'umanità presente, cioè noi stesse.


... Nessuno a priori è condizionato al punto da non potersi liberare, nessuno a priori sarà così non condizionato da essere libero. Noi donne non siamo condizionate in modo irrimediabile, solo che non esiste nei secoli un'esperienza di liberazione espressa da noi.
Questi scritti non sono stati che un passo per me verso quell'esperienza, una sua premessa e una sua profezia.

Carla Lonzi, Premessa a Sputiamo su Hegel, 1973
Paola

27 aprile 2012

Restituire complessità al lavoro delle donne in un'ottica femminista ('70-'90)

Words into Italian Feminism: to continue our  discussion about feminism we illustrate a research project going on  with the word Work (scroll down for english version)

Per un Glossario delle parole nel femminismo italiano: continuiamo la nostra riflessione sul femminismo e la sua storia presentando una sintesi dello schema della parola Lavoro.




Lavoro

Con  “Lavoro” intendiamo esplicitare alcuni complessi e spinosi nodi teorici del pensiero femminista italiano mostrandone lo sviluppo nel tempo fino al dibattito presente. La problematica della divisione sessuale del lavoro in produttivo e riproduttivo è stata cruciale nel movimento femminista italiano all’inizio degli anni settanta. Il dibattito si sviluppò soprattutto attorno alla opportunità di chiedere o meno un salario per il lavoro non pagato delle casalinghe. Si sottolineava  il nesso significativo fra sistema capitalistico e sfruttamento del lavoro domestico delle donne ( il capitalismo non può funzionare senza questo lavoro invisibile, nascosto) così come con la fissità dei ruoli di genere. 


Pensatrici femministe come Carla Lonzi – ma anche collettivi femministi e gruppi di base – cominciarono precocemente a mettere in discussione il modello maschile del lavoro extradomestico e della carriera come unica strada per l'accesso ai diritti, al rispetto e ad avere voce nella sfera pubblica. Era una critica radicale all'idea della cosiddetta “emancipazione femminile”, il modello proposto dai partiti della sinistra e dai sindacati che chiedevano più inclusione per le donne nella società. Il movimento femminista si rifiutava di chiedere maggiore inclusione delle donne nella società maschile, ma era piuttosto alla ricerca delle vie per ripensare e ridisegnare l’intera società. Liberazione, intesa come ricerca di una identità femminile completamente libera dai condizionamenti del maschile venne contrapposta ad “emancipazione”.
Nelle decadi successive, specialmente a partire dagli anni novanta, il dibattito si spostò quasi interamente sul welfare e sui provvedimenti legislativi necessari a promuovere e supportare l'ingresso delle donne nella vita professionale e nel mercato del lavoro, in particolare fra le donne impegnate nei partiti politici, nei sindacati e nelle istituzioni. Fu un periodo caratterizzato dal fiorire di molte iniziative, sia a livello locale che a livello nazionale, che recepivano le indicazioni provenienti soprattutto dall'Unione europea in materia di pari opportunità. Da parte sua, il  movimento femminista mise per lo più da parte la questione, focalizzandosi su altre istanze teoriche, mentre, abbandonando la presenza e l’azione politica nello spazio pubblico si stava trasformando in un movimento culturale con la fondazione di archivi, centri, biblioteche. Molta della complessità e della dimensione critica di quel dibattito venne quindi perduta e non venne trasmessa alle nuove generazioni  proprio mentre le giovani donne iniziavano a discutere degli effetti della globalizzazione e della precarizzazione del lavoro. E' infatti nel contesto di un progressivo attacco al welfare, di precarizzazione del lavoro appunto e poi di crisi economica che riemergono, pure con una diversa valenza, aspetti di critica al modello emancipativo – collegati in modo nuovo alla critica al sistema capitalistico che si sviluppa anche all'interno del cosiddetto movimento no-global. Emergono nuove problematiche: il ruolo delle donne immigrate nel lavoro di cura come “sostitute” delle donne native; la necessità di redistribuire i carichi di cura; l'emergere di nuovi modelli maschili e di paternità.


Work

Even the translation from italian “lavoro”  into a proper english term is a challenging theoretical question, given that in italian language the word “lavoro” could nearly without distinction mean “work”, “job”, “labor”. We’ll try to  explain some complex issues of the italian feminism through from Seventies to Nineties, touching  the present lines of reasoning.
The topic concerning the sexual division of labor in productive and reproductive work was a crucial point of discussion within the feminist movement in Italy at the beginning of the seventies. The debate developed around the advisability of calling a wage for housewifes' unpaid work or not. Some feminist groups calling a wage saw a meaningful link between capitalism and the exploitation of unpaid women’s work (without this unpaid hidden work capitalism doesn’t work) likewise fixed gender roles and identities. Feminist theorist like Carla Lonzi, but also grassroots feminist groups early started questioning the male model of extra-domestic job and career as a unique way to get rights, respect and power within the public sphere. That was a strong critique of the so-called “emacipatione femminile” (female emancipation), the term used and the model proposed by left parties and Trade Union demanding more inclusion for women in society. Feminists refused to demand inclusion in this male society; they are seeking a way to re-think and re-shape the whole society. By the  feminist movement  “liberazione” (liberation),  the quest for a female identity completely free from any influence of the  male dominance, was set against the “emancipazione”(emancipation).
During the following decades, especially in the nineties, the debate almost entirely shifted on welfare and laws necessary to promote and support women to enter in a professional life and in the labor market. The feminist movement put aside the topic: it was abandoning the demonstrations, the political activity and presence in the public spaces and turning on a cultural movement, funding archives, libraries and centers and focusing on other theoretical issues.
Those days were characterized by plenty of initiatives both at the national and local level according to the indication by the EU about equal opportunity issues. Extra-domestic female job was becoming  more widespread (despite the female employment average is still lower in Italy than in other European country). So, the complexity of the debate got lost and was not transmitted to younger generations.
More recently, in a frame of increasingly unemployment, attack on the welfare system and economic crisis some  elements of critical analysis on the model of “female emancipation” are back again. This revival is related in a new and original way to some emerging issues within the so-called no-global movement, like the role of migrant women as a surrogates of native women and the critique on industrialism, endless consumption of good  and growth that are threatening our environment. At  the same time, the debate goes on about a fair splitting of care burdens between women and men who are adopting new attitudes in fatherhood and family relationships.

Paola